Carlo Gallerati è lieto di presentare Trilogy of Love, una mostra personale di Joseph La Mela.
Joseph La Mela è un artista franco-italiano che vive e lavora a Roma. La fotografia è il suo mezzo, l'intimità il suo soggetto. Le tre serie che presenta nella mostra Trilogy of Love raccontano tre fasi di una storia d'amore, dal punto di vista di una delle persone che la vivono, lui stesso: l'entusiasmo dell'incontro (quell'attrazione inspiegabile che unisce i destini di perfetti sconosciuti) lascia il posto alla tragedia della separazione, a una depressione che porta l'artista a esplorare i suoi sentimenti più oscuri (secondo la logica gnostica di esaurire il male praticando i vizi per raggiungere la suprema leggerezza), prima di tornare a se stesso (come dopo uno stordimento di sensualità), alla luce (imboccando la via della redenzione). Tutti ci ritroviamo in questa storia, anche se è eminentemente personale, ed è per questo che la fotografia è uno strumento così straordinario, perché ci dà accesso a ciò che normalmente è invisibile, l'intimo da un lato e i nostri sentimenti dall'altro. L'arte è per tutti da vedere e per pochi da fare. Ci sono molti livelli di intimità, ma i più segreti, i più profondi sono l'intimità del corpo e l'intimità dei sentimenti. E quando queste due intimità si mescolano, formano ciò che chiamiamo amore. È l'area della nostra vita in cui siamo più vulnerabili e quindi più soli. Quando guardiamo le immagini di Joseph La Mela, entriamo nel suo cervello, nella sua pancia e nel suo cuore, più che nei suoi occhi, per scoprire la delicatezza con cui ritrae la più bella delle vulnerabilità. (Colin Ledoux)
Il lavoro di Joseph La Mela, Trilogy of love, è una diagnosi fotografica straordinaria nel suo approccio all’intimità, caratterizzata da un’estetica diaristica e profondamente empirica. Il suo uso della luce, spesso calda e soffusa, insieme alla grana pronunciata delle pellicole, assegna alle sue immagini un senso di immediatezza e vulnerabilità. Dal punto di vista compositivo, La Mela privilegia un’inquadratura spontanea, spesso ravvicinata, che sembra duellare nella diarchia fotografo-soggetto, invalidando le distanze. L’uso del bianco e nero è essenziale nella sua narrazione visiva: tonalità del grigio ricche e sature, a volte quasi eccessive, che evocano un senso di nostalgia e desiderio. Ciò che rende il suo lavoro unico è la capacità di trasmettere il fluire della vita e delle relazioni in modo diretto e senza filtri. Non c’è costruzione artificiosa, ma un’estrema onestà visiva che spesso tocca temi di fragilità, amore, dipendenza e perdita. Questo senso di familiarità e confidenza non è solo un tema, ma una tecnica e un linguaggio visivo: la proiezione affettiva si traduce in prossimità fisica, la luce è vettore di emozione, e l’imperfezione tecnica diventa un marchio di autenticità. La Mela racconta la sua relazione tra sesso e promiscuità, tra elegia e amore carnale, riproducendola in un canto anti-spettacolare con sguardo a volte riempitivo ma anche distinto da un’ecologia visiva. (Valentina Isceri e Valentina Trisolino)
Joseph La Mela è nato in Francia nel 1979, vive e lavora a Roma. È interessato principalmente alla poesia delle cose che evocano temi come l'amore e la spiritualità. È sempre stato animato da forti pulsioni scopiche e ha sviluppato una visione acuta e personale, costruendo e maturando un archivio denso e significativo nel corso degli ultimi venti anni. Questo stesso archivio è stato elaborato, curato e organizzato in modo rigoroso negli ultimi tre anni per dare vita a sette grandi progetti, finora inediti, che stanno per essere presentati e lanciati sul mercato attraverso mostre e pubblicazioni. Dal 2002 a oggi ha esposto in numerose mostre personali e collettive, sia in Italia che in altri paesi. Ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Sue immagini sono presenti in numerose pubblicazioni editoriali.
Intimità e vulnerabilità
di Colin Ledoux
Joseph La Mela è un artista franco-italiano che vive e lavora a Roma. La fotografia è il suo mezzo, l'intimità il suo soggetto.
Le tre serie che presenta nella mostra Trilogy of Love raccontano tre fasi di una storia d'amore, dal punto di vista di una delle persone che la vivono, lui stesso: l'entusiasmo dell'incontro (quell'attrazione inspiegabile che unisce i destini di perfetti sconosciuti) lascia il posto alla tragedia della separazione, a una depressione che porta l'artista a esplorare i suoi sentimenti più oscuri (secondo la logica gnostica di esaurire il male praticando i vizi per raggiungere la suprema leggerezza), prima di tornare a se stesso (come dopo uno stordimento di sensualità), alla luce (imboccando la via della redenzione e aprendo il campo dei soggetti della sua opera, come se i suoi sentimenti fossero curati dal contatto con i fiori e l'innocenza).
Queste tre fasi – così come lui le mette in scena attraverso la scelta delle sue fotografie – ci raccontano una storia, che è forse la più universale delle storie (la divisione in tre parti distinte non è priva di riferimenti biblici, mitologici e poetici, passando a sua volta dall'inferno al paradiso). Tutti ci ritroviamo in questa storia, anche se è eminentemente personale, ed è per questo che la fotografia è uno strumento così straordinario, perché ci dà accesso a ciò che normalmente è invisibile, l'intimo da un lato e i nostri sentimenti dall'altro. L'arte è per tutti da vedere e per pochi da fare.
C'è una contraddizione intrinseca nell'intimità: è qualcosa che abbiamo tutti in comune, eppure non c'è nulla di più privato, di più gelosamente custodito. Raramente condividiamo la nostra in un contesto pubblico, perché in genere la riserviamo alle persone che amiamo. Ci sono molti livelli di intimità, ma i più segreti, i più profondi sono l'intimità del corpo e l'intimità dei sentimenti. E quando queste due intimità si mescolano, formano ciò che chiamiamo amore. È l'area della nostra vita in cui siamo più vulnerabili e quindi più soli.
Tutti, prima o poi, sogniamo di avere accesso all'intimità degli altri, anche solo per imparare da loro, per capire cosa succede lì (come se fosse in gioco qualcosa di misterioso che, se ci venisse rivelato, ci aiuterebbe a vivere meglio il nostro mistero).
Quando guardiamo le immagini di Joseph La Mela, entriamo nel suo cervello, nella sua pancia e nel suo cuore, più che nei suoi occhi, per scoprire la delicatezza con cui ritrae la più bella delle vulnerabilità.
L’autenticità dell’imperfezione
di Valentina Isceri e Valentina Trisolino
Il lavoro di Joseph La Mela, Trilogy of love, è una diagnosi fotografica straordinaria nel suo approccio all’intimità, caratterizzata da un’estetica diaristica e profondamente empirica. Il suo uso della luce, spesso calda e soffusa, insieme alla grana pronunciata delle pellicole, assegna alle sue immagini un senso di immediatezza e vulnerabilità.
Dal punto di vista compositivo, La Mela privilegia un’inquadratura spontanea, spesso ravvicinata, che sembra duellare nella diarchia fotografo-soggetto, invalidando le distanze. L’immaginario visivo dell’autore è ben riconoscibile negli albori della fotografia diretta, specialmente nel primo periodo, glorioso di sogni e sperimentazione, che ben si sposa con l’essenza della sua anima in quella fase. Egli stesso è oggetto della propria indagine all’interno di ambienti circoscritti, con i quali cerca di dialogare e che classifica in base al suo percorso di amore e liberazione.
Le sue immagini non sono mai freddamente documentaristiche, piuttosto immerse nella vita che la ritraggono, come se la macchina fotografica fosse un’estensione naturale della sua esperienza. L’uso del bianco e nero è essenziale nella sua narrazione visiva: tonalità del grigio ricche e sature, a volte quasi eccessive, che evocano un senso di nostalgia e desiderio.
Ciò che rende il suo lavoro unico è la capacità di trasmettere il fluire della vita e delle relazioni in modo diretto e senza filtri. Non c’è costruzione artificiosa, ma un’estrema onestà visiva che spesso tocca temi di fragilità, amore, dipendenza e perdita. La saga Trilogy of love è un manifesto di questa poetica: una sequenza di immagini che, nel loro montaggio cinematografico, costruiscono una narrazione sconfessata e dolorosamente vera.
Questo senso di familiarità e confidenza non è solo un tema, ma una tecnica e un linguaggio visivo: la proiezione affettiva si traduce in prossimità fisica, la luce è vettore di emozione, e l’imperfezione tecnica diventa un marchio di autenticità. La Mela racconta la sua relazione tra sesso e promiscuità, tra elegia e amore carnale, riproducendola in un canto anti-spettacolare con sguardo a volte riempitivo ma anche distinto da un’ecologia visiva.
L’autore mette a nudo, è il caso di dirlo, una concretezza spesso trascurata e poco mainstream, generalmente disapprovata, biasimando, così, certo perbenismo e censoreismo fotografico.