Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi. Collateral Histories

dall'01.03.2024 al 03.05.2024

Galleria Eugenia Delfini

  • Autore/Autrice: Giulia Parlato, Giovanna Petrocchi
  • Data Inizio: 01.03.2024
  • Data Fine: 03.05.2024
  • Dove: Galleria Eugenia Delfini
  • Indirizzo: Via Giulia, 96
  • Orari: martedì - venerdì 15.30-18.30, sabato 15-19
  • Ingresso: libero
  • Tel. / Mob.: 06 976 039 46
  • E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • Descrizione Evento:

     

    Galleria Eugenia Delfini è lieta di presentare Collateral Histories, una mostra bipersonale di opere fotografiche di Giulia Parlato (1993, Palermo) e Giovanna Petrocchi (1988, Roma).

    In mostra vengono presentati, come fossero parte di un’unica installazione, alcuni collage digitali di Petrocchi dalla serie Magic Lanterns (2020-in corso), alcune fotografie analogiche di Parlato dalla serie Diachronicles (2019-2022) e un inedito corpus di fotomontaggi in bianco e nero e oggetti 3D appartenenti alla serie fotografica Collateral Histories realizzata in collaborazione tra le due artiste nel 2020 a partire da una commissione di Art Licks Magazine.

    I lavori selezionati mettono in questione la relazione tra fotografia, narrazione storica e la museologia attraverso l’esplorazione della fotografia documentativa ma anche del collage fotografico e l’utilizzo di alcuni oggetti stampati in 3D. In particolare, nella serie Collateral Histories, Parlato e Petrocchi si interrogano sui modi in cui determinate forme si stratificano nell’immaginario comune e sulle modalità in cui la nostra eredità culturale viene tramandata. Per farlo le artiste hanno approcciato il passato in chiave dinamica ovvero pensandolo come fosse un contenitore da cui attingere documenti d’archivio, immaginare nuovi scenari e riflettere sulla rilevanza che l’archeologia, la fotografia e il museo hanno nella creazione della narrazione storica. Si sono chieste: Che responsabilità hanno le politiche museali e la fotografia documentaria nel costruire verità storiche, narrative culturali e immaginari comuni? È possibile reimmaginare il passato? Esiste un’unica storia o più storie?

    Se da una parte, nei suoi lavori, Parlato mette in discussione l'idea della fotografia come documento veritiero e prende in prestito l'estetica delle immagini della scena del crimine e delle scoperte archeologiche per evidenziare momenti della vita dei manufatti, dall’altra, il lavoro di Petrocchi attinge agli archivi e ai cataloghi dei musei e a partire da quelli crea collage digitali che mettono in discussione le narrative proposte dalle istituzionali.

    La mostra si offre dunque al pubblico come un set in cui fotografie, documenti e oggetti testimoniano dei ritrovamenti di cui non si sa né la provenienza temporale né quella geografica. Come una raccolta di prove, questi lavori sottolineano come le narrazioni del passato possano e debbano essere ciclicamente interrogate e al contempo disvelano il potere della finzione e della falsificazione della fotografia.

     

    Nei dettagli nascosto

    di Elisa Medde

     

    L'inizio dell'elaborazione critica è la coscienza di quello che è realmente,

    cioè un «conosci te stesso» come prodotto del processo storico finora svoltosi

    che ha lasciato in te stesso un’infinità di tracce

    accolte senza beneficio d’inventario.
    Occorre fare inizialmente un tale inventario.

    Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere, Vol.2, p. 1376

    C’è un qualcosa di profondamente rassicurante nell’osservare artefatti del passato, specialmente quelli più antichi. Da un lato si torna per un attimo bambini, provando ancora una volta quel sentore di scoperta e meraviglia come se a scavare e scovare quegli oggetti fossimo stati proprio noi. Dall’altro, permettono di disinnescare la nostra ansia da prestazione intellettuale. Per quanto io possa (forse) riconoscere una decorazione minoica, un glifo fenicio, tali artefatti sono l’epitome dell’indeterminatezza, con buona pace di tutti. Ci permettiamo di ammirarli senza necessariamente comprenderne l’essenza, felici di leggere una arida didascalia che dice “Frammento di vaso, sec. VI AC”. Sono tasselli, tracce, segnali di un qualcosa che non possiamo comprendere appieno ma sui quali possiamo speculare, studiare, assumere, ricercare, collezionare al fine di soddisfare quel bisogno di discorso delle cose antiche che attraversa i secoli, e in modi diversi continua ad influenzare e ridefinire il nostro presente. Come ogni discorso, anch’esso evolve con il tempo, espressione della contemporaneità che lo esprime e sviluppa. Non a caso, ciclicamente, si trova qualcuno smarrito di fronte alla sensazione che il passato non sia più quello di una volta.

    È importante notare come l’indeterminatezza di tali artefatti, e ancora di più delle loro riproduzioni e rappresentazioni, sia nel contempo ancorata nella loro classificazione tassonomica. Non ho alcuna ragione di dubitare del fatto che questo brandello di terracotta sia un “Frammento di vaso, sec. VI AC” - ma nel contempo sono costretta a immaginare il resto, i possibili scenari d’uso, le mani che lo adoperavano, i liquidi in esso contenuti - sulla base di informazioni anch’esse frammentarie e a volte approssimative. E se poi si scoprisse che tale frammento non fosse in realtà un vaso, ma un’urna funeraria? E se quel frammento fosse in realtà prodotto di recente, e non risalente al VI sec. AC? E se le fotografie a corredo di tale frammento, le sue riproduzioni, fossero manipolate, alterate? False? La classificazione e presentazione Museale, e la fotografia che ne è allo stesso tempo artefice e veicolo, sono i fattori determinanti della Narrazione Storica intesa come unica e condivisa, mentre tale Narrazione è ciò che determina il tramandarsi delle eredità culturali che ci caratterizzano. La fotografia in particolare, grazie alla sua erronea presunzione di aderenza alla realtà, è stata prova ed evidenza, garanzia forense che questo è stato, ed è stata determinante nella creazione della storia culturale a corredo del discorso sulle cose antiche.

    Le opere di Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi racchiuse in questa mostra affrontano proprio questa responsabilità ed il ruolo della fotografia, e cioè come essa, ben lungi dal poter disinnescare o ridurre l’indeterminatezza del passato, ne sia in realtà fattore di moltiplicazione.

    Con il titolo Collateral Histories sono presentati lavori provenienti da tre corpus distinti, che trovano unità nella contingenza della presentazione. Accanto ad opere provenienti dalla serie Diachronicles (2019-2022) di Giulia Parlato e Magic Lanterns (2020 - ) di Giovanna Petrocchi, trova spazio la serie che dà il titolo alla mostra, Collateral Histories (2020 - ), risultato della collaborazione tra le due autrici. La varietà dei media impiegati e degli approcci visivi non fa altro che confermare, apparentemente per contrasto, la coesione della loro ricerca - sia individuale che collettiva. Attraverso fotografia analogica, collage e mixed media, scultura, esse si interrogano e ci interrogano sulle politiche visive e i modi di guardare che informano la nostra conoscenza, e costruzione, del passato.

    In Diachronicles, Parlato si interroga sulla memoria, la sua mancanza e la complessità dell’esistenza stessa di una possibile ricostruzione oggettiva della storia. Rappresentando e mettendo in scena luoghi di ricerca, archivio e collezione appartenenti a diverse istituzioni museali, la serie oscilla tra documentazione e racconto affrontando a modo di indagine visiva il concetto stesso di falso in ambito museale e storico, e della sua presentazione e rappresentazione. Le immagini si interrogano sul concetto di evidenza, sulla sua fragilità, amplificando le crepe che ne intaccano i paradigmi concettuali. In Magic Lanterns Petrocchi si interroga sull’oggetto stesso della catalogazione museale, la sua rappresentazione, partendo da una collezione di lastre positive emulsionate dismesse provenienti dal Princeton University Art Museum. Una volta indice guida per la collezione museale, soppiantate dalla loro digitalizzazione le lastre sono diventate una confusa accozzaglia di storie. Prive di contesto ed elaborazione, si prestano a molteplici questioni: quali potrebbero essere le nuove narrazioni di questo passato? Quali sarebbero i paradigmi a sorreggere tali narrazioni? Quali i punti di vista e le prospettive? In che modo tale oggetto potrebbe far parte dell’elaborazione di una storia culturale che gli appartenga? Petrocchi interviene sulle lastre attraverso un processo di rimediazione che coinvolge l’assemblage ed il collage digitale, innescando un processo di metamorfosi che le rende esse stesse artefatto.

    Le opere della serie Collateral Histories uniscono in qualche modo l’approccio investigativo, forense di Parlato con quello contemplativo, ri-mediante di Petrocchi. Collage digitali e sculture vengono presentate come fossero ritrovamenti di indagine o collezioni museali. Le immagini in esse rappresentate si interrogano sulle transizioni e le migrazioni della cultura materiale, l’artificio del contesto, l’arbitrarietà delle classificazioni.

    Se fare un inventario delle tracce raccolte è un’operazione necessaria e propedeutica alla conoscenza del sé e alla comprensione del processo storico, l’accettazione della profonda arbitrarietà e fragilità del modo in cui tale inventario è costruito pare una accettazione necessaria alla base dell’intero processo. Tale processo non può mai essere neutrale, né privo di opacità. Al contrario, la profonda riflessione sulle differenze tra doxa ed episteme, ed il ruolo della prospettiva nella loro elaborazione e definizione, apre inaspettati scenari di comprensione profonda non solo del sé, ma del noi - e della sua possibilità.

    Elisa Medde

    Elisa Medde è fotografa, curatrice e scrittrice. Ha una formazione in Storia dell'Arte, Iconologia e Studi Fotografici e attualmente è docente presso il Master in Fotografia presso l'ECAL, Losanna, Svizzera. Medde ha ricevuto nomination per premi e presieduto giurie, tra cui il Luma Rencontres Dummy Book Award, il Prix Elysée e il MAST Photography Grant on Industry and Work, e i suoi scritti sono apparsi su Flash Art, PhotoEye, Time Magazine, Foam Magazine, Something We Africans Got, Vogue. Italia / L'Uomo Vogue, YET Magazine, Aperture PhotoBook Review, British Journal of Photography e libri d'artista. Tra il 2012 e il 2023 è stata redattore capo della rivista Foam Magazine, due volte vincitrice del Lucie Award per la migliore rivista di fotografia. Ha ricevuto il Royal Photographic Society Award for Photography Publishing 2023.

     

     

    Giulia Parlato (1993, Palermo) si è laureata in Fotografia al London College of Communication (UAL) e ha ottenuto una laurea specialistica in Fotografia alla Royal College of Arts di Londra.

    Il suo lavoro è stato esposto a livello nazionale e internazionale in mostre collettive e personali tra cui Triennale (Milano, 2023), Photo London (2022), Villa Bardini (Firenze, 2022), Fotografia Europea (Reggio Emilia, 2022), Mucho Mas (Torino, 2022), Unseen Photo Fair (Amsterdam, 2021) e Gare Du Nord per Paris Photo (Parigi 2019). Ha ricevuto il Premio Luigi Ghirri (2022), il BJP International Photography Award Second Place (2020), l'Innovate Grant (2020), il Camera Work Award (2020) e il Carte Blanche Éstudiants Award (2019). Nel 2021 il suo lavoro è stato selezionato da CAMERA per il programma europeo Futures Photography. I lavori di Giulia sono conservati in collezioni pubbliche e private. È membro fondatore di Ardesia Projects, una piattaforma curatoriale dedicata alla fotografia contemporanea. Giulia è anche una creative retoucher.

    Giovanna Petrocchi (1988, Roma) si è laureata in Fotografia al London College of Communication (UAL) e ha ottenuto una laurea specialistica in Visual Arts presso il Camberwell College of Arts di Londra. Nel 2017 è stata selezionata come vincitrice del Lens Culture Emerging Talent Award e nel 2019 ha esposto il suo ultimo lavoro alla The Photographers’ Gallery di Londra come parte del programma di mentoring TPG New Talent. Nel 2020 è nominata da CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia per il programma europeo per autori emergenti FUTURES. Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive presso realtà internazionali quali CAMERA Torino in collaborazione con Fondazione Alinari (2023) Tenuta di Monteverdi (Toscana, 2021), UNSEEN Photo fair (Amsterdam, 2021) - Paris Photo (Parigi, 2021), Flatland Gallery (Amsterdam, 2022).

     

    Crediti immagini

    1

    Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi, Ciclope (Collateral Histories), 2020. Stampa su Hahnemühle photo rag baryta, 25 x 20 cm. Edizione di 1/5. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    2

    Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi, Bird (Collateral Histories), 2020. Stampa su Hahnemühle photo rag baryta, 25 x 20 cm. Edizione di 1/5. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    3

    Giulia Parlato e Giovanna Petrocchi, Mineral (Collateral Histories), 2020. Stampa su Hahnemühle photo rag baryta, 25 x 20 cm. Edizione di 1/5. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    4

    Giovanna Petrocchi, Lion Fragments (Magic Lanterns), 2020-ongoing. Stampa su Hahnemühle photo rag, 24 x 19 cm; 29 x 34 x 10 con cornice in quercia. Edizione 1/5 + 2AP. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

    5

    Giulia Parlato, Mermaids, Athletes and Wizards (Diachronicles), 2022. Stampa giclée, 100 x 80 cm. Edizione 1/8 + 2AP. Courtesy Galleria Eugenia Delfini

     

    Foto dell'allestimento di Sebastiano Luciano