dal 23.03.2024 al 31.05.2024
Emmeotto Arte
Entrare nelle opere di Federico Arcuri è come esplorare da dentro lo spazio contemporaneo, ci accompagna attraverso l’esperienza che si ha degli altri e di noi stessi nella coesistenza tra luoghi e tempo. Durante la sua produzione artistica ha esplorato e raccontato il rapporto tra le persone e lo spazio, con il filtro di una palette in bianco e nero, dove i protagonisti transitano in un’evoluzione continua cercando di cogliere l’essenza della vita su uno sfondo fatto di architetture, spazi indefiniti e contesti metropolitani con una semplicità compositiva solo apparente, che in realtà racconta di una complessità esistenziale in una rivisitazione concettuale del tutto personale tra l’incontro di elementi visibili e non visibili, figurazione e astrazione.
La tecnica utilizzata da Arcuri, caratterizzata da un’evidente capacità compositiva tra segno e colore, racconta un viaggio di stratificazioni materiche che nasce dalla costruzione della tela, realizzata in studio con telai su misura con verghe di abete, continua con la creazione di un fondo di gesso dove “annegano” pagine di libri antichi seguita dalla realizzazione di immagini dipinte ad acrilico ispirate da foto trovate sul web o scattate dall’artista stesso in posti e momenti diversi. L’acrilico più o meno diluito viene disposto sulla tela mediante velature che generano profondità e dinamismo. La fase finale prevede un “dripping” direttamente dal tubetto e l’applicazione di inserti di carta giapponese colorati e stampati, mediante resina di finitura tirata a pennello.
L’artista indaga, in maniera profonda, la differenza tra “individuo” e “persona” per comprendere l’identità umana, attraverso una serie di riflessioni sul significato intrinseco delle due parole. Mentre la prima distingue l’aspetto fisico e biologico di ognuno di noi che ci rende diversi agli occhi degli altri, la seconda considera l’esperienza umana, la totalità delle caratteristiche emotive, sociali, culturali, psicologiche, la ricchezza dell’interiorità, la dimensione soggettiva, sottolineando l’unicità e la complessità del singolo attraverso le proprie esperienze e relazioni. Interrogandosi sulle “Sequences” del DNA, una successione di informazioni, legami e mappe che parlano di “noi “e del nostro essere diversi, l’artista traspone la vasta e variegata identità umana nella sua traduzione artistica. Concepisce, sviluppa e posiziona le figure all’interno di uno scenario narrativo, che è un paradigma di elementi armonici e che colpisce con immediatezza e trasporto, grazie alla materia vibrante e duale del bianco e nero a contrasto con le piccole incursioni di colore che rispondono ai colori del nostro codice genetico, “unico, irripetibile, infinito” (cit.), la diversità e la bellezza della nostra natura, l’incredibile mescolanza che crea la differenza.
Gli spazi, all’interno delle opere, sono a volte luoghi del tessuto urbano, storici e identificativi, conosciuti, rassicuranti dove le persone stanziano in una comfort zoneo si muovono in relazione tra loro, altre volte sono non-luoghi quasi irreali, senza punti identitari o di riferimento, dove le figure lasciano lo spazio all’astrazione, in un’atmosfera liquida, universale, sospesa, onirica, un’apnea di respiro che parla del nostro tempo. In tutte le opere si percepisce un dinamismo forte, composto da elementi discordanti, ma allo stesso tempo in perfetto equilibrio, una spinta che ti porta dentro la tela, alla ricerca di quel posto da occupare con il proprio bagaglio personale, la visione dell’artista che si trasforma in fruizione attiva dello spettatore.
La mostra in galleria presenta, anche, alcune opere dove lo spazio architettonico è quello di Roma, la città che ha visto stratificare la sua identità, le sequenze del suo essere, l’intreccio tra umanità e storia, secolo dopo secolo, il tutto racchiuso in una catena dalla potenza spaziale infinita, monumentale, dove le figure in movimento vivono in connessione tra passato e presente e si appropriano con la loro presenza fisica ed esperienziale di questa realtà che è un continuum temporale, che non si spezza mai. È un dialogo visivo tra la dinamicità contemporanea e l’architettura circostante che osserva l’alternarsi delle generazioni.
Arcuri riesce a cogliere a pieno quell’intrinseca essenza narrativa dei luoghi e delle persone, che da sempre interpreta, lo fa con Roma, lo fa con ognuno di noi, con il rapporto tra lo spazio e noi, esaltando la bellezza senza tempo della città Eterna, in un’interconnessione profonda tra patrimonio storico – culturale e patrimonio genetico universali.